Studio sulla La Filiera Olivicola

Riportiamo le conclusioni dello studio, che potete scaricare in fondo alla pagina, sulla Filiera Olivicola nei comuni di San Giuliano di Puglia, Colletorto, Santa Croce di Magliano e Bonefro annata olivicola 2007-2008. A cura del Centro di Ricerca Applicata Unità locale del Parco Scientifico e Tecnologico del Molise “MOLISEINNOVA ZIONE S.C.p.A.”

Dall’analisi complessiva dei dati raccolti nell’area di studio emergono diverse potenzialità tutte legate essenzialmente allo sviluppo di un’agricoltura non intensiva che fa scarso ricorso a prodotti chimici di sintesi e usa in modo razionale le risorse. Un sistema agricolo rispettoso degli equilibri biogeochimici, dei valori paesaggistici e dei livelli di biodiversità, anche se meno produttivo, è un sistema salubre che produce alimenti non contaminati da sostanze dannose per la salute umana e che resta produttivo nel tempo in quanto consente alle risorse naturali di rigenerarsi.
La filiera olivicola presa in esame presenta, inoltre, alcuni elementi di tipicità legati alle caratteristiche pedoclimatiche della zona. Tali condizioni permettono lo sviluppo di alcune cultivar autoctone, prime fra tutte l’Oliva nera di Colletorto, che si trova unicamente nel territorio preso in esame e che in esso esprimono al meglio le loro potenzialità sia in termini di produttività, sia in termini di resistenza agli stress (freddo, fitofagi, infestanti, etc.) e non ultimo, in termini di note organolettiche, in particolare le note piccanti ed amare che caratterizzano in modo inequivocabile gli oli prodotti nella zona. Queste tipicità vanno valorizzate e tutelate con una sottomenzione nella DOP Molise e/o con un marchio di zona che permetta la differenzazione sul mercato e la promozione specifica degli oli dell’area.
Le quantità di olio prodotte consentono di presentarsi sul mercato con masse critiche tali da avere un peso non indifferente nelle contrattazioni con i grossi buyers o con la grande distribuzione.
Se a tale aspetto si aggiunge il fatto che il livello qualitativo dell’olio si è dimostrato quasi sempre buono con punte di eccellenza, allora si può affermare che le potenzialità per il definitivo decollo di una filiera olivicola verso una dimensione moderna e redditizia si ritovano tutte.
Per contro, la stessa filiera presenta alcune criticità e debolezze sulle quali si può e si deve ancora lavorare per consentire l’espressione delle potenzialità sopra esposte. Le debolezze sono presenti in minima parte nella fase iniziale della filiera, quella delle coltivazioni e delle trasformazioni industriali, e sono legate essenzialmente all’esistenza di impianti olivicoli di vecchia concezione caratterizzati da sesti d’impianto irregolari, da una bassa densità di piante per ettaro e da uno scarso ricambio generazionale delle piante. Esse possono essere sicuramente rimosse con l’avvio di attività formative nei confronti degli imprenditori agricoli i quali dovrebbero in tal modo sostituire gradualmente il parco olivicolo attuale in luogo di coltivazioni moderne, caratterizzate da alte densità di piante per ettaro e da forme di gestione che agevolino le operazioni di raccolta, potatura e lavorazione dei terreni. In tal modo si otterrebbero rese superiori senza necessariamente dover ricorrere ad approcci fortemente intensivi caratterizzati da un uso smisurato di prodotti chimici o da pratiche irrigue.
Alcune criticità derivano dai retaggi di pratiche agronomiche antiche come la potatura biennale, il trasporto delle olive in sacchi e la non immediata molitura delle olive. Anche queste debolezze possono essere rimosse con dei programmi di formazione mirati e con la distribuzione di materiale informativo che consenta il graduale abbandono delle pratiche scorrette. Poche sono le debolezze riscontrate nella fase industriale di estrazione dell’olio negli oleifici. In quest’ultimo caso si riscontra piuttosto l’incapacità da parte delle istituzioni e del mondo della ricerca di colmare alcune lacune scientifiche legate allo smaltimento e al reimpiego dei sottoprodotti dell’industria olearia o all’uso di materiali idonei al contatto e alla conservazione degli alimenti.
La vera fase critica della filiera oggetto dello studio può essere individuata nella commercializzazione e nel marketing del prodotto. È infatti evidente come, pur partendo da un prodotto qualitativamente buono e pur producendo quantità di olio tali da potersi proporre sul mercato in maniera soddisfacente, si hanno difficoltà a vendere l’olio di oliva a prezzi accettabili.
Queste ultime difficoltà sono spesso legate allo scarso livello di informatizzazione e alla scarsa conoscenze delle potenzialità che internet offre. Fanno fatica a prendere piede anche gli strumenti commerciali moderni basati su marchi accattivanti e accuratamente studiati, sulla diversificazione dei prodotti, sullo sfruttamento della carta degli oli o di confezioni nuove ed originali. Anche le certificazioni classiche quali la DOP o il biologico stentano a decollare in quanto sono viste solo come strumenti che influiscono negativamente sui bilanci aziendali piuttosto che come occasione per estendere la propria immagine. Tali debolezze conducono ad un immobilismo commerciale che si riscontra nella scarsa partecipazione a fiere e concorsi, soprattutto se internazionali, e nello scarso ricorso a strumenti pubblicitari e promozionali.
Tutti questi aspetti vanno letti e collocati anche all’interno delle dinamiche mondiali del mercato dell’olio le quali vedono il crescente potere delle grandi multinazionali spagnole che possono imporre i prezzi e persino indirizzare i gusti dei consumatori verso tipologie differenti da quelle tipiche della zona indagata.

Agli oli di oliva della zona non mancano certo le carte giuste per primeggiare su tutti i mercati anche se, per raggiungere i risultati sperati e per aumentare il valore aggiunto del prodotto, che oggi è prevalentemente venduto all’ingrosso o tramite vendita diretta, sarà necessario effettuare interventi di diversa natura e grado:

  • creare un marchio di zona accessibile a tutti gli operatori dell’area che permetta di far conoscere il prodotto e crei benefici di immagine sfruttabili dall’intera filiera.
  • Favorire la cooperazione fra gli operatori della filiera, in particolare fra gli oleifici dell’area, creando un consorzio o una cooperativa di secondo livello; in tal modo si potrà promuovere il marchio e quindi l’olio della zona in maniera più efficace di quanto un singolo oleificio possa fare. Un consorzio di secondo livello potrebbe partecipare a fiere, concorsi e manifestazioni internazionali sfruttando le maggiori competenze di personale specializzato e distribuendo le spese e i ricavi in maniera proporzionale fra gli associati.
  • Aumentare il livello di informatizzazione degli operatori in modo da favorire la diffusione delle informazioni e la conquista di nuovi mercati.
  • Investire maggiormente sulla comunicazione e sul marketing sfruttando internet che potenzialmente è alla portata dell’intero pianeta.
  • Dare vita ad una fiera di settore, sfruttando anche le strutture temporanee create per l’emergenza post sisma (villaggio di San Giuliano di Puglia e/o di Colletorto e/o di Bonefro) che per l’occasione si adatterebbero eccellentemente. La fiera attirerebbe gli addetti ai lavori nazionali ed esteri nella zona ed aumenterebbe la visibilità e la notorietà degli oli prodotti nell’area indagata.
  • Favorire lo sviluppo di itinerari enogastronomici con il compito di promuovere non solo l’olio di oliva ma anche gli altri prodotti della zona.
  • Fornire una costante e diffusa assistenza tecnica per un continuo ammodernamento delle aziende e per il mantenimento di livelli qualitativi di prodotto eccellenti.
  • Consentire, con lo sviluppo di tecnologie innovative, il recupero dei sottoprodotti della filiera olivicola e la riduzione degli impatti ambientali.

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